mercoledì 26 aprile 2006

Contratto a progetto

Appena posso vi dico dove l'ho preso...
E vi dico anche come ci sono arrivato.


In postura da lavoro di Andrea Bajani


Quando uno è contratto, è contratto. Si vede da lontano. Cammina rigido, tiene le braccia a legnetto lungo i fianchi e se qualcuno gli chiede un’informazione fa un saltello sul posto e risponde “No, grazie”. È così che funziona, il contratto. Un lavoratore contratto, poi, è un uomo (o una donna) più contratto degli altri. Chi non è un lavoratore, non avendo un contratto, non può essere contratto. Il disoccupato, ad esempio, è un uomo (o una donna) tendenzialmente dinoccolato. Cammina mollemente per la città per tutto il giorno, passando e ripassando ciondoloni per gli stessi angoli un gran numero di volte. Uno contratto non ce la farebbe mai, a ciondolare per così tanto tempo e in maniera così disarticolata. Dopo poco si dovrebbe fermare per tentare di distendere i muscoli. È così che si distinguono i lavoratori dai disoccupati, in città. Basta vederli fare due passi.

Un tempo era tutto diverso. Era tutto molto più semplice: esisteva soltanto il contratto a tempo indeterminato. Il contratto a tempo indeterminato non ti dava granché da pensare: lo vedevi contratto un giorno, e sapevi che sarebbe stato contratto per tutta la vita. Se proprio avevi l’ansia della verifica, potevi controllarlo anche una seconda volta. Ma uno contratto a tempo indeterminato è difficile che giochi brutti scherzi. Se ne rimane contratto e pare non voglia saperne di cambiare postura. A lui dei pettegolezzi degli altri non frega nulla. Se ti interessa vederlo, lo puoi trovare contratto fino alle sei alla stessa scrivania della stessa azienda, dentro lo stesso palazzo di sempre. Un tempo il contratto a tempo indeterminato era una tipologia piuttosto diffusa. Potremmo anche dire, senza troppa tema di smentita, che pressoché ogni lavoratore in attività era contratto a tempo indeterminato. Non uno, non due, non tre. Tutti. Una tragedia. Oggi, per fortuna la selezione naturale ha fatto i compiti, e di contratti a tempo indeterminato non ne nascono quasi più. Tecnicamente, si chiama progresso.

Passato a miglior vita il contratto a tempo indeterminato, un giorno è venuto al mondo il co.co.co. Ovvero il contratto coordinato e continuativo. A testimonianza dello scatto evolutivo compiuto, il contratto di nuova generazione è più coordinato del contratto a tempo indeterminato. Quest’ultimo, come si diceva, tiene le braccia a legnetto lungo i fianchi. Il contratto coordinato e continuativo, tautologicamente si muove in maniera meno sgraziata. Che è contratto, si vede lo stesso. Solo, non lascia che un braccio gli parta in una direzione e l’altro in un’altra. La stessa coordinazione la impone anche agli arti inferiori. In sostanza, si muove con molta più eleganza. Il problema si pone quando sta fermo. Quando sta fermo il contratto coordinato e continuativo è in tutto e per tutto uguale al suo predecessore. Lo puoi trovare alla stessa scrivania della stessa azienda, dentro lo stesso palazzo dal mattino alle nove fino alla sera alle sei. Certo, anche da seduto si vede che è più coordinato. E più che altro, a differenza dell’avo, un giorno improvvisamente non lo vedi più. Ha smesso di essere contratto e ha cominciato a ciondolare dinoccolato per la città.


Poi un giorno è nato il contratto a progetto, e tutti si è gridato al miracolo. Di nuovo, il progresso si è dato da fare. A differenza delle generazioni precedenti, il nuovo contratto non è contratto per caso. Non si è svegliato una mattina e si è trovato contratto. No, il nuovo contratto ha un progetto: il suo progetto è essere contratto. Vedere uno che cammina contratto per scelta riconcilia con il libero arbitrio. Finalmente qualcuno che fa qualcosa perché ha scelto di farla. Se lo vedi seduto alla stessa scrivania della stessa azienda, dentro lo stesso palazzo dal mattino alle nove fino alla sera alle sei, è perché ha scelto di farlo e non perché gliel’ha imposto qualcuno. Certo, non è uno che si distingua per particolare coordinazione. Sta con gli occhi incollati al monitor del computer, suda tanto all’attaccatura dei capelli e batte come un forsennato sulla tastiera in maniera piuttosto scomposta. Ma un po’ glielo si perdona, a uno che ha così tanto libero arbitrio. Se poi un giorno, dalla sera alla mattina, non lo trovi più alla scrivania, non devi preoccuparti più di tanto. Evidentemente aveva un altro progetto.

La prima classe costa mille lire....

.....La seconda cento, la terza dolore e spavento!

Ritorneremo a quello De Gregori canta in Titanic, ma su' su' nel cielo!?!

Posti in piedi sugli aerei...